I bambini di prima elementare lavorano insieme intorno a un disegno. Non si sono scelti ma devono collaborare, perché ognuno ne fa un pezzetto. Quelli di seconda viaggiano nel Paese delle emozioni, segnano su una sagoma dove le sentono, spiegano perché e come le provano. In terza si passa alla mediazione dei conflitti, si impara a gestire la frustrazione, ad accettare un “no”, sempre con il gioco. Si fa, funziona, i bambini sono sereni. Sembra poco, ma in un Paese dove da decenni si discute senza successo di introdurre l’educazione sessuale ed affettiva nelle scuole, dove tante proposte di legge, e linee guida Onu, e tavoli di esperti sono finiti nel cestino, è tanto.
E in questi giorni di dolore e rabbia per l’uccisione dell’ennesima ragazza che poteva essere nostra figlia, vale la pena di riparlarne.
Per prevenire la violenza di genere, il cambiamento dev’essere strutturale. La scuola non basta, certo. Ma può dare un contributo importante. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Giovani e sessualità Durex, il 94% dei ragazzi tra gli 11 e i 24 anni vorrebbe l’educazione sessuale inserita nei programmi scolastici. Nessuno li ascolta. Ma da dove partire, se non dalla formazione?
Intanto alla Scuola-Città a Firenze, tutti i bambini, dai 6 ai 14 anni, per un’ora a settimana lavorano su questi temi. In quinta elementare, quando per scienze si affronta l’apparato riproduttivo, si parla di educazione sessuale e differenze di genere. Alle medie, al centro ci sono i social e le trasgressioni, in terza l’orientamento in vista delle superiori, chi sono io e cosa voglio diventare.
Gli obiettivi sono sviluppare l’assertività, l’empatia, rispettare sé stessi e gli altri, saper dire “mi piace e non mi piace”, accettare un rifiuto.
La salute sessuale non è un capriccio, ma un diritto riconosciuto dall’ O M S. Oggi i ragazzi non sono capaci di relazioni vere e bisogna puntare sull’educazione all’affettività, al saper riconoscere i sentimenti, gestire i rifiuti, combattere i pregiudizi di genere.
Ma in che modo l’educazione sessuale e affettiva può aiutare a prevenire la violenza di genere?
C’è un quadro ormai consolidato di studi e pratiche per prevenire la violenza di genere. Tra questi c’è l’educazione sessuale e l’Italia, come firmataria nel 2013 della Convenzione di Istanbul sulla lotta contro la violenza sulle donne, si è impegnata a realizzarla, cosa che non ha mai fatto.
La base culturale su cui si basano le violenze – da quelle quotidiane ai femminicidi – è la cultura patriarcale, ovvero una visione del mondo che affida agli uomini il controllo degli altri, con una precisa gerarchia tra i sessi. Il pregiudizio non è del singolo, ma è del sistema.
Per lavorare contro la violenza di genere non bastano le info ma bisogna arrivare alle emozioni, riuscire ad indossare occhiali nuovi con cui vedere la realtà. Nelle scuole funzionano i progetti che puntano sull’esperienza, che colpiscono nella pancia. Solo così non avremo più casi come Caivano e le tragedie come quella di Giulia. Oggi si dice sì all’educazione all’affettività, senza parlare di genere. Ma non possiamo chiedere il rispetto per le donne se non ci si interroga sulle cause di questa mancanza. Se una relazione è tossica, se nel maschio c’è il senso del possesso, è una questione di genere.
Gli adolescenti non pariano di sesso con i genitori
Oltre al genere, l’altra parola che resta, solo sullo sfondo, nelle discussioni di questi giorni, è sessualità. Ci si gira intorno, ci fa riferimento ai sentimenti ed agli affetti in modo generico. Eppure fino a qualche anno fa non era un tabù.
Non è vero che di sessualità si parla in famiglia. Nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Durex, solo il 9% dei ragazzi sostiene di discutere di questo con i genitori.
In attesa che l’educazione sessuale e affettiva diventi curricolare com’è da tempo in quasi tutti i Paesi europei (fanno eccezione, oltre all’Italia, solo Cipro, Lituania, Bulgaria, Romania), di progetti in corso ce ne sono tanti, compresi quelli storici dell’Aied.
Si parla di corpo, identità, emozioni, affetti. Ci sono famiglie dove le donne non contano niente, dove i rapporti di coppia sono di possesso, i ragazzi lo vedono e imitano. Sì illudono di tenere tutto sotto controllo, soprattutto quando sono allo sbando.
Il tema di fondo è la libera espressione dell’individualità.